VET, Vocational Education and Training. Ovvero, istruzione e formazione professionale. È uno dei pilastri per garantire alle sempre più complesse società europee strumenti innovativi per far fronte alle innovazioni, ai cambiamenti, alle sfide, guadagnando terreno sul piano dell’occupazione e dei diritti anziché perderlo.
Fonteb foto: https://www.cnosfapveneto.it/unione-europea-finanzia-progetti-di-istruzione-e-formazione-professionale/
Che cos’è
Con il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, gli stati membri e i rispettivi sistemi nazionali di istruzione e formazione sono stati chiamati ad iniziare un percorso altamente innovativo, fondato sull’esigenza comune di potenziare e rinnovare le competenze professionali dei cittadini per rispondere in modo più adeguato e concreto alle richieste del mercato e incrementare il livello di competitività dell’Europa.
Il sistema VET (Vocational Education and Training) comprende tutti i percorsi formativi professionalizzanti, cioè quelli che terminano con titoli riconoscibili e quindi spendibili per l’ingresso nel mercato del lavoro e delle professioni, e corrisponde con il nostro sistema di Istruzione e formazione professionale, anche se nel nostro Paese non si tratta di un sistema unitario, ma piuttosto di un ambito frammentato e diviso in vari sottosistemi: istruzione professionale, istruzione tecnica, formazione professionale, apprendistato, formazione superiore, formazione continua e permanente. Tale ambito formativo è al centro dell’attenzione dell’Unione europea. In particolare, essa si riferisce al programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” avviato in seguito al Consiglio europeo di Lisbona 2000 nel quale si afferma l’impegno volto ad assicurare ai giovani l’acquisizione, entro il diciottesimo anno di età, di una qualifica professionale che, a seguito degli impegni sottoscritti a Lisbona, deve corrispondere almeno al secondo livello europeo.
L’Unione europea ha cercato di dare degli orientamenti in grado di cogliere le opportunità offerte dalla nuova economia, allo scopo fra l’altro di sradicare il flagello sociale costituito dalla disoccupazione, indicando quattro prospettive di fondo: migliorare la capacità d’inserimento professionale; attribuire una maggiore importanza all’istruzione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita; aumentare l’occupazione nel settore dei servizi, fonte di nuovi posti di lavoro; promuovere la parità di opportunità sotto tutti gli aspetti.
Il Quadro italiano
In Italia il Vet in Italia comprende alcune caratteristiche. La prima, i ministeri dell’istruzione e del lavoro stabiliscono le regole e i principi generali ma le regioni e le province autonome sono responsabili dei programmi di formazione professionale e di apprendistato. La seconda, ci sono tre tipi di apprendistato con un tipo che non corrisponde ad alcun livello di istruzione ma porta solo a qualifiche professionali riconosciute dal mercato del lavoro. La terza, la Vet continua è principalmente rivolta ai lavoratori dipendenti. La quarta, la recente adozione del quadro nazionale delle qualifiche (gennaio 2018) è un catalizzatore per la riprogettazione delle qualifiche.
Dunque, come si è visto, il contesto italiano è caratterizzato dalla presenza di più attori istituzionali a livello nazionale e regionale, oltre al ruolo rilevante delle parti sociali. Di fatto, lo Stato stabilisce le regole generali e determina i principi fondamentali dell’educazione; le regioni hanno potere legislativo sulla Vet; l’istruzione rientra nel campo di applicazione della legislazione concomitante, fatta eccezione per l’autonomia degli istituti di istruzione.
Alla luce dell’intreccio dei diversi ambiti di intervento, i Ministeri dell’Istruzione e del Lavoro e le Regioni definiscono accordi formali nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni. L’obiettivo è definire questioni di interesse comune, anche se a diversi livelli di responsabilità.
Dato che l’attuazione del Titolo V non è stata ancora completata, l’intreccio e la complessità dei diversi livelli di governance del sistema crescono. Per questo, vanno mantenute distinte le aree di attività che interessano principalmente la competenza del ministero dell’Istruzione e quelle che interessano principalmente il ministero del lavoro e le regioni e province autonome. Tuttavia, molte attività e interventi richiedono la consultazione tra i diversi attori istituzionali.
Le sfide per il sistema Vet in Italia
Il sistema in Italia si trova a dover fronteggiare numerose sfide e problematiche. Innanzitutto, quella di integrare la formazione e l’occupazione dei giovani all’interno di un sistema duale rafforzando gli apprendistati; quella di rafforzare l’apprendistato per la formazione e l’istruzione superiore; quella di semplificare la normativa vigente e rafforzare l’attrattiva dell’apprendistato per le imprese. Altre sfide sono lo sviluppo di metodologie pedagogiche innovative; la riduzione dell’abbandono precoce dell’istruzione e della formazione; la formazione di insegnanti e formatori; la promozione della valutazione dei risultati dell’istruzione e della formazione attraverso l’attuazione di un piano nazionale per la garanzia della qualità nell’istruzione e nella formazione e in linea con il quadro di riferimento europeo. E ancora, sfide sono la formazione del personale coinvolto in tutte le fasi e procedure di validazione dell’apprendimento non formale e informale; l’aumento della consapevolezza del pubblico sui potenziali benefici della convalida dell’apprendimento non formale e informale, in particolare per quei gruppi target che potrebbero trarne maggiori benefici; il miglioramento dell’efficacia in termini di costi della convalida delle procedure di apprendimento non formale e informale; il miglioramento del monitoraggio dei risultati della Vet e l’adeguamento dell’offerta Vet alle esigenze di formazione di ciascun discente; lo sviluppo di strumenti analitici valutativi sull’impatto delle politiche di formazione.
Le sfide nel sistema della formazione professionale.
Numerose sono anche le sfide specifiche per la formazione professionale continua. Ad esempio, sviluppare ulteriormente gli strumenti e i metodi di previsione delle competenze già esistenti e abbinare meglio l’offerta di formazione alle esigenze di competenze; sostenere la partecipazione dei lavoratori alla formazione, eliminare gli ostacoli che impediscono loro di formarsi e motivare i lavoratori più vulnerabili, in particolare quelli poco qualificati e ultracinquantenni a partecipare alle attività di formazione; migliorare la capacità dei fornitori di formazione di offrire programmi che migliorino le competenze tecnologiche e in particolare digitali; rafforzare il coinvolgimento delle parti sociali nelle decisioni aziendali relative alla formazione; consolidare la certificazione delle competenze acquisite attraverso la formazione professionale continua; migliorare il coordinamento e la creazione di reti tra le varie parti interessate coinvolte nell’apprendimento permanente a livello nazionale e regionale.
L’Italia e il contributo dal sistema VET
La fotografia italiana mostra che, nel 2018, la popolazione era di oltre 60 milioni di persone (60.483.973). Un numero, questo, che è frutto dell’aumento dell’1,3 per cento dal 2013 grazie all’immigrazione. Come in molti altri paesi dell’Ue, la popolazione sta invecchiando e si prevede che la popolazione anziana aumenterà da 34 nel 2015 a 61 nel 2060. Come è facile prevedere, l’andamento demografico ha un impatto sulla popolazione scolastica, che è diminuita tra settembre 2014 e giugno 2015, soprattutto a livello secondario inferiore (dello 0,7%). Nello stesso periodo la popolazione della scuola secondaria di secondo grado è aumentata dello 0,8%, comprendendo sia discenti italiani (+0,6%) che stranieri (+2,8%).
Dal 2007, l’immigrazione è stata un fattore di crescita demografica prevalente. Nel 2016 il tasso si è dimezzato, mentre l’emigrazione è quasi triplicata.
La quota di discenti stranieri è aumentata del 20,9% tra il 2009/10 e il 2014/15 (da 673.592 a 814.187), a fronte di una diminuzione del 2,7% di discenti italiani (da 8 283 493 a 8.058.397). La quota di studentesse straniere è stata del 48%.
Nel 2014-2015, il 55,3% dei discenti di nazionalità straniera è nato in Italia (84,8% nella scuola dell’infanzia). Nel 2015 il 7,3% dei discenti stranieri ha dichiarato di aver ripetuto uno o più anni scolastici, soprattutto quelli non nati in Italia (31%). Gli studenti stranieri hanno spesso voti più bassi nei programmi di istruzione secondaria.
In Italia, l’istruzione ha un alto valore. Tuttavia, la quota di popolazione fino a 64 anni con istruzione superiore (19,3%) è inferiore alla media dell’Ue a 28 (32,2%). Questo vale anche per la quota di popolazione fino a 64 anni con qualifiche medie o basse. In Italia esistono delle contraddizioni nel rapporto tra il sistema di istruzione e formazione e il sistema produttivo. Un esempio è la scarsa presenza di manodopera qualificata nel sistema produttivo, dovuta soprattutto al numero di laureati ancora piuttosto basso rispetto ad altri paesi europei.
Il possesso di un titolo di studio più elevato non sembrerebbe avere un effetto significativo sulla probabilità di trovare un buon abbinamento lavorativo. Inoltre, la sovra-istruzione è associata sia a una minore produttività del lavoro che a una minore soddisfazione sul lavoro. A questo proposito è significativo il numero di quattordicenni che scelgono di iscriversi a percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) come opzione che consentirebbe un migliore abbinamento delle competenze ai posti di lavoro, come dimostra la figura seguente.
Contesto economico e lavorativo in Italia
Dal punto di vista economico, su un totale di 4.390.911 imprese vi erano 16.684.518 dipendenti. Le microimprese, quelle da 0 a 9 dipendenti, rappresentavano il 95,2%, le Pmi (10-49 dipendenti), il 4,2%, le medie imprese (50-249 dipendenti), lo 0,5% e le grandi imprese (250 e più dipendenti) lo 0,1%.
I principali settori economici in Italia sono macchinari e attrezzature; lavorazione dei metalli;
elettronica e componenti; sostanze chimiche; tessili; arredamento; cibo e bevande; costruzione; commercio all’ingrosso e al dettaglio; attività di alloggio e ristorazione; trasporti e logistica; informazioni e comunicazioni; attività finanziarie e assicurative.
L’export è molto rilevante per l’Italia e comprende diversi settori, principalmente macchinari e attrezzature, tessile, arredamento, mezzi di trasporto e veicoli, lavorazione dei metalli, cibo e bevande, elettronica e componenti e altri.
I settori più legati alla Vet sono l’elettronica e i componenti, l’informazione e le comunicazioni, le attività finanziarie e assicurative, i macchinari e le attrezzature, i mezzi di trasporto e i veicoli, la chimica.
Il grande tasto dolente per l’Italia è la disoccupazione. Nel 2018, la disoccupazione totale era pari al 9,3%, aumentata di 3,7 punti percentuali dal 2008. La disoccupazione è distribuita in modo non uniforme tra le persone con qualifiche di basso e alto livello. Il divario è aumentato durante la crisi del debito sovrano poiché i lavoratori non qualificati sono più vulnerabili alla disoccupazione. Il tasso di occupazione dei laureati Vet di età compresa tra 20 e 34 anni è aumentato dal 62,7% nel 2014 al 66% nel 2018. L’aumento (+3,3 pp) dell’occupazione dei laureati Vet 20-34 anni nel 2014-18 è stato inferiore rispetto all’aumento dell’occupazione di tutti i laureati 20-34 anni (+3,7 pp) nello stesso periodo in Italia.
Sources: https://www.cedefop.europa.eu/en/tools/vet-in-europe/systems/italy-2019